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Apprezzabile la mozione della Regione sugli oneri di cava

Ora si proceda in fretta per l’applicazione
Su tutte le imbarcazioni che trasportano inerti sul fiume Po e si estenda il sistema di controllo GPS

L’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna ha approvato una risoluzione che impegna la Giunta ad aggiornare la legge regionale che regola le attività estrattive (L.R. n. 17/1991) e ad aumentare la tariffa che viene versata dai cavatori, destinando i maggiori introiti così ottenuti al finanziamento delle politiche regionali di tutela dell’ambiente e di salvaguardia del territorio.

Siamo soddisfatti ed appoggiamo questa risoluzione e proprio perché non vorremmo che rimanessero solo buoni propositi “sulla carta”, chiediamo pertanto alla Regione di concretizzare quanto prima gli impegni presi.  Da tempo sosteniamo la necessità di un adeguamento degli oneri; nel dossier del 2009, “Cave: 500 milioni di euro ogni anno per uscire dalla crisi” Legambiente dichiara testualmente che le tariffe per il prelievo di inerti applicate in un territorio chiave come l’Emilia Romagna (0,57 € per metro cubo di ghiaia scavata) sono del tutto inadeguate. Nel medesimo dossier se ne propone l’adeguamento e si quantifica in 500 milioni di Euro i soldi che Stato e Regioni rinunciano ad incassare “svendendo” il territorio e esponendolo al pericolo dell’illegalità (lo stesso rapporto “Ecomafia” di Legambiente ha evidenziato come quello del cemento e degli inerti sia uno dei settori preferiti dalle organizzazioni criminali).

In Emilia Romagna la tariffa per i cavatori è stata fissata dalla Giunta Regionale nel lontano 1992 e sono ben diciotto anni che non viene toccata. Secondo i dati della Regione in Emilia-Romagna nel 2007 sono stati estratti circa 12 milioni di metri cubi di materiali di cava. Con le tariffe vigenti (0,57 euro/metro cubo) la collettività ha incassato dalle cave una cifra poco superiore ai 6 milioni di Euro. Se la tariffa fosse stata quella proposta da Legambiente (circa 3-4 euro/metro cubo) la collettività avrebbe invece incamerato oltre 40 milioni di Euro.

Chiediamo inoltre alla Regione di farsi promotrice di una richiesta per applicare una tariffa unica su tutto il territorio nazionale per prelievo di inerti al prezzo medio, che ad esempio si paga oggi in Gran Bretagna per l’attività di cava, ossia il 20% del prezzo di mercato. Nella nostra Regione il prezzo di mercato della ghiaia viaggia fra i 15-20 euro al metro cubo per volume di affari annuo stimato a prezzo di vendita di oltre 132 milioni di Euro. La ghiaia, non a torto, è considerata l’oro grigio del territorio, che non può essere “svenduto” se si considera l’incremento del rischio di inquinamento per le falde acquifere, le forti limitazioni della capacità di ricarica delle falde dovute alla riduzione dello spessore delle ghiaie.

L’obiettivo non è assolutamente quello di “scavare per incassare di più”, piuttosto, l’aumento degli oneri di concessione per l’attività estrattiva sui materiali vergini promuoverebbe un settore innovativo come quello del recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia, che può sostituire quelli di cava – come sta avvenendo in molti Paesi europei – e che consente di avere il 30% in più di occupati nel settore e di risparmiare il paesaggio.

Riteniamo inoltre assolutamente ineludibile l’applicazione del sistema di controllo GPS sulle imbarcazioni utilizzate per il prelievo – quando autorizzato – e il trasporto degli inerti sul fiume Po. Legambiente conviene con gli operatori del settore che la disparità di trattamento di controllo fra operatori di diverse regioni produce infatti fenomeni di turbativa nel mercato e può alimentare, come dimostrato da alcune recenti indagini della Magistratura e dai rapporti Ecomafia di Legambiente, allarmanti comportamenti abusivi o l’infiltrazione della criminalità organizzata.
Dal momento che la Regione Emilia Romagna ha già da alcuni anni imposto l’installazione di tale strumento di controllo, risulta necessario che anche le altre Regioni impongano lo stesso sistema per non vanificare i controlli. Occorre pertanto che tutti gli organismi che sovrintendono le attività produttive esercitate sul fiume Po pervengano urgentemente al coordinamento delle politiche di governo e di controllo, anche in ottemperanza agli indirizzi e alle azioni previste dal Piano di Gestione del Po, e alla corretta attuazione degli interventi programmati dal Piano dei sedimenti.
E’ inoltre necessario consolidare il coordinamento dei servizi di controllo preposti, dalla Guardia di Finanza al Corpo Forestale dello Stato, all’ARNI-AIPO, alle varie Polizie Provinciali. Solo attraverso un protocollo di analisi e di controllo continuo dei dati, e non saltuario o solo provocato da eventuali indagini giudiziarie, può attendersi l’effetto di deterrenza e di contrasto dell’abusivismo che tutti auspichiamo.