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Asfalto sulla pianura padana: rapporto infrastrutture in Emilia-Romagna

Legambiente ha presentato oggi il “Rapporto Infrastrutture in Emilia Romagna”, che punta l’attenzione sulle grandi infrastrutture stradali previste in regione.

“Molto spesso si tratta di opere anacronistiche che come risultato certo hanno l’ulteriore perdita di suolo agricolo e l’incentivo della mobilità su gomma”

E’ stato presentato oggi a Bologna il Rapporto di Legambiente Emilia Romagna sulle infrastrutture.

Il documento ha voluto mettere in fila le principali infrastrutture stradali previste in regione, mostrandone i limiti e gli impatti che porteranno.

Già dalla copertina (con mucche che pascolano simbolicamente su di un autostrada) è chiaro l’allarme lanciato dall’associazione sull’ ennesima avanzata del consumo di suolo agricolo.

Nella Regione Emilia Romagna, i livelli di inquinamento sono quelli comuni a tutto il bacino padano (tra le regioni più inquinate del mondo)e il numero di auto per abitante è superiore alla media nazionale; l’Osservatorio Nazionale per il Consumo di Suolo (ONCS) ha stimato che in Emilia Romagna dal 1975 ad oggi si è costruito con un ritmo di 8 ettari al giorno.

Pur in questa situazione, le principali opere in programma a scala regionale e provinciale sono nuove autostrade, tangenziali, strade provinciali. Il comune denominatore di buona parte delle infrastrutture analizzate è quello di incentivare ulteriormente il traffico su gomma, secondo una logica vecchia, e di non prendere in considerazione alternative valide.

Solo le 6 opere principali analizzate dallo studio comporterebbero oltre 630 ettari di terreno impermeabilizzato da pavimenti autostradali, svincoli, parcheggi ed aree di servizio. A questo va poi sommata la perdita di suolo agricolo dovuta alle scarpate laterali, fossi di guardia zone intercluse all’interno degli svincoli e altre infrastrutture che determinerebbe una perdita definitiva di zone coltivabili di ben oltre 1000 ettari.

A questo triste computo va infine aggiunta la frammentazione dei poderi e l’inevitabile scia di urbanizzazioni laterali connesse alle nuove strade. Insomma un ulteriore colpo al paesaggio rurale e agli ecosistemi di pianura.

Da questa fotografia emerge una profonda crisi della pianificazione delle città e del territorio. Il perseverare sul vecchio modello “autostradale” sembra mostrare il venir meno nella politica della capacità di pensare e costruire alternative di lungo periodo, in un epoca in cui si parla di abbandono del petrolio e rivoluzione verde.” –Commenta Lorenzo Frattini, Presidente regionale di Legambiente- “In una fase economica in cui le risorse pubbliche sono e saranno sempre più limitate occorre scegliere bene le priorità”.

La speranza è che mostrando questo colpo d’occhio sull’uso delle risorse pubbliche e sul diluvio di cemento che ci attende, si possano sensibilizzare istituzioni e cittadini sulla necessità di un cambio di rotta” dice Kim Bishop della segreteria regionale dell’associazione “ Occorre pianificare soluzioni nuove per potenziare il trasporto pubblico collettivo e favorirne l’utilizzo sfruttando al meglio le linee ferroviarie secondarie, favorire l’intermodalità, pianificare le linee del TPL cittadini rendendole prioritarie, e non subordinate all’uso dell’auto. Occorre dotare le città di reti di piste ciclabili sicure e organiche, connesse tra loro e ai principali punti di intermodalità,  come stazioni, parcheggi scambiatori ecc”

L’elenco delle principali opere prese in considerazione dallo studio sono :

  • l’autostrada Orte-Mestre, nel tratto regionale tra il Po e Ravenna e di raccordo con la E45
  • l’Autostrada cispadana tra le province di Reggio e Ferrara
  • il collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo nel modenese
  • l’autostrada TI-BRE nel tratto di connessione tra Autocisa ed il Po
  • il passante autostradale a nord di Bologna
  • la bretella di Castelvetro Piacentino ed il nuovo ponte sul Po

Per citare solo qualche esempio delle situazioni che emergono dal rapporto:  la nuova Mestre-Ravenna taglierà in due una delle poche aree di pianura agricola non ancora urbanizzata, a Sassuolo si costruisce un ramo di autostrada a servizio del distretto ceramico, ma che risulta per nulla strategico ai fini della competitività del settore. Le amministrazioni parmensi hanno festeggiato l’approvazione del progetto per una nuova invasione di cemento nella bassa pianura: il primo tratto del raccordo autostradale Tirreno Brennero, che al momento non si collegherà a nessun’altro asse viario di rilievo.

Infine, la lente dell’associazione si ferma su due casi specifici di mala pianificazione del sistema della mobilità: l’esempio di Bologna e di Parma.

Il nodo di Bologna rimane irrisolto e la principale città della regione, che dovrebbe misurare le proprie politiche sulla mobilità con Friburgo, Montpellier, Monaco ed altri città verdi d’Europa, è invece impantanata da decenni in scelte irrisolte e progetti disorganici. A Parma, il ripensamento della mobilità locale si è infranto su di un progetto fallimentare di metropolitana, lasciandosi dietro soldi pubblici spesi per nulla e il vuoto di un’alternativa per il futuro.

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