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Impianti a biogas: le regole di Legambiente

L’associazione analizza i problemi del settore proponendo regole e strategie: freno alle colture energetiche dedicate, filiera cortissima, stop immediato agli impianti mal gestiti e incentivi al biometano.

“Il biogas è una tecnologia indispensabile per ridurre la dipendenza dagli idrocarburi, ma impianti mal gestiti e la mancanza di pianificazione hanno creato anche disagi e conflitti sociali, che richiedono interventi immediati”

In un documento inviato oggi a Regione, ANCI ed UPI dell’Emilia Romagna Legambiente ha avanzato le proprie ricette per garantire la diffusione del biogas ma superando i problemi che alcuni impianti hanno causato ai cittadini e al territorio.
Il ricorso alle fonti di energia rinnovabile è una strada obbligata per abbandonare i combustibili fossili e combattere i cambiamenti climatici, e gli impianti a biogas rappresentano una possibilità importante, in una regione come la nostra ricca di scarti organici zootecnici e agroindustriali.
In questi impianti viene infatti utilizzato materiale di origine vegetali o animale per produrre biogas (un gas contenente metano) attraverso la digestione anaerobica. Oggi il biogas viene bruciato negli impianti di produzione per generare energia elettrica, ma in futuro potrebbe essere anche immesso in rete ed utilizzato per riscaldamento e autotrazione, due voci che riguardano una fetta importante dei consumi energetici.

Il documento nasce da un lungo periodo di lavoro dei circoli di Legambiente a fianco di comitati di cittadini che si sono trovati a gestire situazioni di emergenza ed impianti mal gestiti, soprattutto nell’area della bassa ferrarese e bolognese.
Le soluzioni proposte derivano anche dalle visite condotte ad impianti modello con bassi impatti, che hanno mostrato di poter convivere tranquillamente con i residenti vicini.
L’associazione analizza in modo analitico i problemi riscontrati proponendo ad ognuno soluzioni. Soluzioni in alcuni casi già attuabili dalle amministrazioni della regione, in altri casi che passano per una richiesta al Governo di migliorare norme ed incentivi statali.

L’abbandono delle fonti fossili è un passaggio epocale di grande complessità, che siamo chiamati ad attuare per noi e per le future generazioni, serve quindi una grande attenzione e un grosso sforzo politico per guidare la transizione nel modo più corretto.

I PUNTI IN SINTESI

Evitare concentrazioni di impianti e i lunghi trasporti delle biomasse
In alcuni territori, soprattutto della bassa bolognese e del ferrarese, si è assistito ad un’alta concentrazione di progetti nelle stesse aree, con problemi nel reperire materiale per alimentare gli impianti, che in alcuni casi viene trasportato con camion su lunghe distanze. Un’alta concentrazione di impianti crea inoltre problemi anche nel successivo smaltimento dei digestati (gli scarti di processo) che richiedono ampie superfici agricole su cui essere sparsi.
Serve quindi la presenza di Piani Energetici Locali (comunali, sovracomunali, provinciali), che consentano di tenere conto della produzione e del consumo di energia a livello locale, delle conseguenti emissioni, e della disponibilità di biomasse per la produzione di biogas.
In questo modo si possono indirizzare gli impianti solo in quelle zone in grado di fornire biomassa locale sufficiente ad alimentare una centrale.

Un drastico freno alle colture energetiche dedicate.
Si sta assistendo a diversi impianti che utilizzano prevalentemente i prodotti di colture dedicate (mais in particolare). Questi fenomeni alterano le caratteristiche delle produzioni agricole locali, generano innalzamento dei prezzi dei terreni e dei prodotti e possono aumentare di molto il fabbisogno idrico per l’irrigazione.
Va quindi scoraggiato il ricorso esclusivo o prevalente ai prodotti di colture dedicate per la produzione di energia mentre vanno utilizzati in modo prioritario reflui, sottoprodotti da allevamenti zootecnici, dall’agricoltura, dalle industrie agroalimentari e rifiuti organici prodotti dai cittadini. Serve orientare gli incentivi economici e le autorizzazioni in modo da favorire impianti che utilizzano questi prodotti e creare un’adeguata rete di raccolta.
Per quanto riguarda le aziende agricole fornitrici delle centrali a biogas, occorre fissare una soglia massima al 10% della loro Superficie Agricola Utile (SAU), per la coltivazione di colture dedicate.

Se queste richieste dovranno passare da una modifica della legge nazionale, già ora ARPA, Province e Comuni hanno possibilità di intervenire. Le linee guida regionali citano espressamente che: “Ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione degli impianti, l’autorità competente tiene conto della quantità e della distanza di provenienza delle biomasse e del fatto che le stesse siano ottenute o meno da colture dedicate, in relazione alle vocazioni del territorio e alle attività e produzioni locali”.

Fermare gli impianti che generano disagi
Se un impianto di digestione anaerobica è ben progettato e ben gestito non emette cattivi odori, tuttavia ci sono stati esempi che hanno creato grandi disagi e conflitti sociali a causa delle emissioni maleodoranti. Esempi negativi arrivati alle cronache sono i casi di Medicina e Bondeno.
L’ applicazione delle recenti norme emanate dalla regione Emilia Romagna dovrebbe garantire che i nuovi impianti siano esenti da questi problemi. Occorre però bloccare l’attività di impianti già in attività, che generano problemi conclamati e garantire ai sindaci e alle autorità provinciali l’avvio di procedure d’urgenza per la messa in sicurezza di questi impianti.

Immettere il biometano in rete, la strada da percorrere
Oggi tutti gli impianti a biogas utilizzano questo combustibile per produrre energia elettrica in impianti di medie dimensioni, che richiedono, per la loro taglia, biomasse che spesso devono essere trasportate su lunghe distanze, con aumento delle emissioni inquinanti.
L’utilizzo ottimale del biogas deve prevedere la purificazione del metano in esso contenuto e la sua immissione nella rete di distribuzione del gas naturale.
Il ricorso al biometano consentirebbe di sostituire almeno in parte il gas di origine fossile sia per il riscaldamento che per l’autotrazione.

L’intervento della Regione ed il sostegno dei cittadini sono richiesti per ottenere l’emanazione in tempi brevissimi di tutte le norme necessarie a rendere possibile anche in Italia la produzione di Biometano a partire dal Biogas e la possibilità di immetterlo nella rete del gas naturale.

Un corretto utilizzo dei digestati
Il digestato è il sottoprodotto della digestione anaerobica che potrebbe essere una risorsa per l’agricoltura, ma che spesso si è trasformato in una fonte di inquinamento o di ulteriore disagio.
Se usato in quantità eccessive o in modo scorretto i digestati possono essere causa di inquinamento da nitrati delle acque o di emissioni di ammoniaca in atmosfera. Va quindi gestito come sostituto dei fertilizzanti, con corrette pratiche agronomiche e non come materiale di cui sbarazzarsi.

Modulare gli incentivi economici per premiare i buoni impianti
Si chiede un impegno della Regione affinchè gli incentivi economici statali destinati al biogas siano modulati in modo da favorire gli impianti virtuosi (filiera corta dei materiali, scarso utilizzo di colture dedicate, recupero del calore prodotto ed immissione in rete del biometano), mentre vengano via via a scomparire gli incentivi per impianti che non rispettino i criteri di sostenibilità

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