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Presentato oggi a Bologna il dossier Bici in Città

Le città su due ruote: la bici corre meglio a Bolzano, Mestre e Ferrara. Tutte le grandi città sono ferme, Roma a zero.

A Bologna Fiab, Legambiente e CittàinBici presentano il dossier “Bici in Città”. Sopralluoghi nei centri urbani per testare lo spazio dedicato alle biciclette

Come si fa a dire che una città è ciclabile? Semplice. Basta chiederlo a chi pedala. Se sono tanti a scegliere la bici per gli spostamenti quotidiani, vuol dire che quel centro urbano è a misura di due ruote. Al contrario, se la bici non la usa quasi nessuno, vuol dire che – chilometri di ciclabili a parte, bike sharing, ciclo posteggi e altro – l’amministrazione locale privilegia esclusivamente i mezzi a motore. E’ questo l’originale filo conduttore di una nuova indagine nata dalla collaborazione tra Fiab, Legambiente e CittàinBici, presentata oggi a Bologna da Antonio dalla Venezia, presidente di FIAB, Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente, Gianni Stefanati, presidente di CittàinBici, alla presenza di Andrea Colombo, Ass. Mobilità della città di Bologna e di amministratori e tecnici delle città di Reggio Emilia, Ferrara, Lodi, Trento, Modena, Padova, Venezia, Bolzano e Pesaro-Urbino.
Dallo studio, realizzato incrociando i dati disponibili sulla mobilità ciclabile delle città italiane, emerge, infatti, l’indicatore del modal split che, secondo le associazioni è in grado di descrivere in modo più efficace la ciclabilità urbana. Questo, infatti, misura il numero degli spostamenti effettuati in città con i diversi mezzi di trasporto, raggruppando poi, quelli fatti a piedi, in bici e con il mezzo pubblico come “sostenibili” e quelli in moto e auto come “insostenibili”. Se è vero, infatti, che a Parma ci sono molti più chilometri di piste (87,1) rispetto a Bolzano (72,4), nel capoluogo altoatesino i percorsi ciclabili sono meglio integrati, incontrano meno barriere e più segnaletica, tanto da convincere molti più cittadini a montare in sella per spostarsi (29 contro19 della prima).
Andando a guardare poi il totale degli spostamenti sostenibili (piedi+bici+ TPL) rispetto a quelli insostenibili (auto+moto) troviamo, ad esempio, che nonostante i suoi 73,6 km di piste ciclabili, a Brescia solo 6 spostamenti su 100 si fanno in bicicletta e complessivamente solo 29 spostamenti sono sostenibili contro 71 insostenibili. A Pesaro, invece, che ha 61,3 km di piste ciclabili, ben 28 spostamenti su 100 vengono fatti in bici e complessivamente 46 spostamenti su 100 sono sostenibili. Il modal split, insomma, descrive meglio la reale ciclabilità di una città perché considera fondamentale l’equilibrio e il grado d’integrazione tra le varie modalità di spostamento che si possono avere in un centro urbano. Un’alta percentuale di spostamenti in bici, va associata anche ad una alta percentuale di mobilità a piedi e con il trasporto pubblico in modo da contenere la mobilità a motore (Bolzano con il 34% e Mestre con il 45%, ad esempio, mantengono la mobilità insostenibile al di sotto del 50%). Ecco allora che anche in città come Ferrara, Piacenza, Rimini, Prato, Parma e Reggio Emilia, che hanno buone e discrete percentuali di spostamenti in bici, la pedonalità e il TPL sono ancora deboli rispetto all’accoppiata auto e moto che rimane elevata, tra il 59 e il 65 %. Per Fiab Legambiente e Citta in Bici, la città ottimale ha almeno un 15% di spostamenti in bici e allo stesso tempo una mobilità in auto e moto minore del 50%.
Le associazioni concordano anche che misurare il modal split non è facile, ma molto utile per le amministrazioni a individuare azioni mirate: fatto in ambito comunale può, ad esempio indicare dove e come promuovere bici, pedonalità e TPL, mentre in ambito di bacino può servire a promuovere il TPL verso il capoluogo.
L’intermodalità, insomma, è una chiave ideale per incentivare l’uso della bicicletta a scapito di quello di un mezzo a motore ma, anche se il processo in alcune città italiane è avviato, la situazione generale è ancora al palo. Basti pensare, infatti, che tutta l’Italia dispone di 3.297,2 chilometri di piste ciclabili urbane, l’equivalente di sole 3 città europee (Stoccolma, Hannover e Helsinki) e che un terzo dei capoluoghi del Belpaese non ha affatto o ha solo piccolissimi spezzoni di percorsi ciclabili. E anche l’intermodalità è ancora un miraggio visto che solo 4 città su 104 prevedono una o più linee di trasporto pubblico locale dove è consentito portare biciclette, un permesso sporadico in pochissime altre e inesistente nel resto.
Ancora più nel dettaglio l’esame delle migliori 30 città (cioè delle prime dieci tra le città grandi, tra le medie e tra le piccole, in base alla popolazione residente, sul totale dei capoluoghi di provincia) che hanno la dotazione più ricca di interventi per la ciclomobilità ci dice che: sono ancora troppo poche le città dotate di un piano della ciclabilità (Biciplan), solo 15 su 30 città esaminate e 20 sul totale dei capoluoghi; i parcheggi di scambio con più di cento posti son presenti solo in 17 delle 30 città; hanno un’estensione della rete ciclabile superiore a 100 chilometri solo 17 città su 30; solo il 50% dei capoluoghi di provincia dichiara di conoscere il numero dei cicloparcheggi che ha da offrire ai ciclisti e solo in 38 casi sul totale questi hanno più di cento posti.
Ecco alcune eccellenze

Tra le grandi città: I 15mila cicloparcheggi di Milano; la bicistazione di Padova da 900 posti. Tra le città medie: Reggio Emilia con 56 chilometri di zone 30 e 175 chilometri di rete ciclabile; la bicistazione di Parma da 3.400 posti; il 33% di Modal Split per le bici a Piacenza; il 27% di Modal Split per le auto di Bolzano a cui corrisponde meno del 29% per le bici; il 16% di Modal Split per il Tpl a Parma. Tra le città piccole: Gli oltre 2.000 cicloparcheggi di Cremona; i 28 chilometri di zone 30 di Asti; il 28% di Modal Split per le bici a Biella; il 20% di Modal Split per le auto e lo stesso per il Tpl a Campobasso.

Legambiente e Fiab, hanno già raccolto una grande mole di dati relativi a zone 20 e 30, pedibus, mobility manager scolastici, lunghezze delle strade a senso unico eccetto bici, lunghezze delle corsie preferenziali TPL ove è consentito il transito delle biciclette, bike sharing e altro ancora. I dati raccolti saranno ora puntualmente verificati sul campo per valutare non solo la consistenza numerica di servizi e infrastrutture (prima di tutto le ciclabili) ma anche la loro qualità a partire dalla continuità della rete, la presenza di segnaletica orizzontale e verticale, l’illuminazione la pavimentazione, la larghezza e la direzione delle piste e se sono incrementate o promiscue con i pedoni.
Durante l’incontro è stata lanciata ufficialmente la “Carta delle Città in Bici”, un documento di impegni che i Comuni sottoscrivono per promuovere la ciclabilità nelle proprie città attraverso interventi diretti in primo luogo all’interno delle singole amministrazioni. Iniziativa che prende spunto da uno studio europeo secondo il quale solo investendo sulla bicicletta sarà possibile raggiungere gli obiettivi dell’UE previsti per il 2050 di riduzione del 60% delle emissioni nel settore dei trasporti. Un altro obiettivo importantissimo è quello della sicurezza, un tema su cui ora c’è grandissima attenzione come dimostra anche la proposta di legge trasversale – primo firmatario il Sen. Francesco Ferrante – che punta proprio a rafforzare il quadro normativo e infrastrutturale per l’utenza su due ruote.
La giornata ha offerto l’occasione per presentare le buone pratiche sulla mobilità realizzate nelle città di Bologna, Reggio Emilia, Ferrara, Lodi, Trento, Modena, Padova, Venezia, Bolzano e Pesaro-Urbino.
Il prossimo appuntamento con Legambiente e Fiab sarà la seconda edizione del Giretto d’Italia, il Campionato nazionale della ciclabilità urbana che si terrà in 25 città italiane l’11 maggio alla vigilia della Giornata nazionale della Bicicletta, promossa dal Ministero dell’Ambiente.

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