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Inceneritori: Bloccare gli ampliamenti di Parma e Forlì

Sbloccaitalia ed inceneritori regionali: l’arroganza di IREN ed HERA calpesta la volontà di cittadini e amministratori locali.

E’ la prova dell’inconsistenza del controllo pubblico su questa aziende. Incapacità politica o gioco delle tre carte?

L’approvazione dello Sbloccaitalia, norma che contiene nel suo articolo 35 il rilancio della tecnologia dell’incenerimento, ha fatto scattare in Emilia Romagna la corsa delle due grandi multiutility locali, Hera ed Iren, all’ampliamento dei loro impianti di incenerimento, scavalcando con arroganza la volontà dei cittadini e delle amministrazioni locali di andare verso una gestione dei rifiuti basata su riduzione dello smaltimento e raccolta differenziata.

In queste settimane sul tema degli inceneritori stanno uscendo prepotentemente tutte le contraddizioni del governo delle multyutility a maggioranza pubblica della nostra regione.
Con l’articolo 35 dello Sbloccaitalia, il governo impartisce un colpo durissimo alla gestione efficiente dei rifiuti facendo la scelta sbagliata di scaricare i problemi nazionali su pochi territori, e rilanciando sulla nostra regione una tecnologia declinante, proprio quando la gestione virtuosa dei rifiuti in molti Comuni sta già mettendo fuori mercato gli inceneritori attuali.
Alla luce di questa norma che permette di ampliare le potenzialità in tonnellate degli impianti, sia IREN che HERA hanno presentato richiesta (e diffide?) per ampliare la potenzialità di loro impianti.

Questo nel momento in cui il Piano Regionale Rifiuti (adottato dalla precedente giunta, ma non ancora approvato), aveva già segnalato che la dotazione impiantistica di questa regione era più che sufficiente, indicando addirittura la possibilità di chiudere gli impianti di Piacenza e Ravenna entro il 2020. Una beffa, quindi, perpetrata dalle aziende ai danni della pianificazione regionale, giustificata dalla ricerca del mero profitto e dell’aumento dei fatturati e dei dividendi per i Comuni, che intende utilizzare gli impianti in una logica di puro business.
In particolare le richieste riguardano l’impianto di Parma che dovrebbe essere portato a circa 190.000 t contro le 130.000 t attuali, e quello di Forlì che da 120.000 t potrebbe arrivare a circa 180.000 t, a seconda del potere calorifico dei rifiuti bruciati.
Una situazione che evidenzia, da una parte, la totale mancanza di possibilità (o volontà) delle amministrazioni pubbliche di controllare queste aziende, e di guidarne l’operato nel rispetto delle reali volontà e aspettative della collettività, dall’altra, l’arroganza di multiutility che si dicono a servizio del territorio, infischiandosi però delle indicazioni date da amministrazioni locali e Regione.

Poiché suona incredibile che aziende in cui il pubblico è ancora socio di maggioranza, possano agire in palese contraddizione a tale mandato, si avvalora l’ipotesi di un gioco delle tre carte da parte dei sindaci.

Da tempo segnaliamo che difficilmente i Comuni potranno esercitare un ruolo di indirizzo e di vero controllo delle multiutility se continueranno ad incassare gli ingenti utili derivanti dalle scelte di queste aziende (e l’impiantistica sui rifiuti è sicuramente un settore lucrativo). Il risultato di questa anomalia è un rilevante problema di trasparenza nella governance.

Nel chiedere innanzitutto alle aziende di ritirare le loro istanze di ampliamento delle potenzialità di incenerimento, rinnoviamo con forza la richiesta alla Regione di farsi garante del coordinamento tra le azioni dei sindaci azionisti, indirizzandone le scelte nel rispetto del bene della collettività e non di una mera logica di profitto.