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La nostra costa invasa dal cemento

Salviamo la costa. In Emilia Romagna cementificato quasi il 60% del litorale.

Con il Silenzio-assenso della Legge Madia rischi aumenteranno. Servono nuove regole di tutela e riqualificazione edilizia

L’Italia ha una partita tutta da giocare: salvare le sue coste. Da sempre i paesaggi costieri rappresentano una parte rilevante dell’identità, della storia e della memoria collettiva del nostro Paese, oltre che una risorsa turistica importantissima e un patrimonio naturale di straordinario pregio. Eppure, le trasformazioni avvenute negli ultimi anni attestano una realtà allarmante che non accenna a cambiare.
Legambiente ha avviato nel 2012 uno studio delle aree costiere di tutta la Penisola (ad eccezione di Sicilia e Sardegna, che rientreranno nella ricerca il prossimo anno) allo scopo di registrarne il consumo legato a speculazione edilizia e urbanizzazione di paesaggi agricoli e naturali. Il quadro che emerge dal dossier (SCARICA IL DOCUMENTO INTEGRALE), che prende in esame 13 regioni, è tanto impressionante quanto paradossale: sui 3.902 chilometri di coste analizzate da Ventimiglia a Trieste, oltre 2.194 chilometri, ossia il 56,2% dei paesaggi costieri, sono stati trasformati dall’urbanizzazione. Dal 1985, anno della Legge Galasso, sono stati cancellati dal cemento circa 222 chilometri di paesaggio costiero, a un ritmo di quasi 8 chilometri l’anno.

La tutela delle coste è tornata di attualità in queste settimane per via della modifica alle procedure di autorizzazione per gli interventi in aree costiere avvenuta con la Legge Madia. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che per costruire nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico come quelle costiere, oltre all’autorizzazione edilizia, è necessario anche un parere paesaggistico autonomo espresso da un Soprintendente. Con il testo di riforma della Pubblica Amministrazione, approvato definitivamente dal Parlamento il 4 agosto, in caso di ritardo di oltre 90 giorni da parte della Soprintendenza i termini e le condizioni per l’acquisizione del parere decadranno e si determinerà un silenzio assenso.

Con il silenzio/assenso della Legge Madia i rischi per le coste italiane aumenteranno. Se molte minacce per il paesaggio costiero si sono realizzate all’interno di un quadro normativo che prevedeva piani regionali e vincoli di edificabilità, come quelli introdotti dalla Legge Galasso, è facile immaginare cosa potrà succedere in assenza di una riorganizzazione e di un rafforzamento degli uffici preposti alla gestione dei vincoli. Per questo occorre cambiare le regole di tutela, che si sono rivelate del tutto inadeguate a salvaguardare i paesaggi costieri dalla pressione edilizia, e istituire un sistema di controlli adeguati e di condivisione delle informazione tra i Ministeri dei beni culturali e dell’ambiente, Regioni e Soprintendenze, Comuni e forze di polizia. La Legge Madia deve essere cambiata proprio in questa direzione, prevedendo il silenzio assenso solo per le Regioni nelle quali sono in vigore dei piani paesaggistici, perché in queste realtà è chiaro cosa si può realizzare e cosa no. E’ urgente poi fissare, attraverso meccanismi di sanzione e premialità, un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere per una distanza di almeno 1 chilometro dal mare, nelle Regioni senza piani paesaggistici.

Il confronto tra le coste, realizzato attraverso una sovrapposizione di foto satellitari, evidenzia processi analoghi nelle diverse regioni. Il versante tirrenico è stato intaccato nella maniera più rilevante e, infatti, meno del 30% delle sue aree rimane oggi libero da costruzioni. Nell’Adriatico è soprattutto la morfologia costiera, dal delta del Po alle lagune venete, dal Conero al Gargano, ad aver costituito un ostacolo nei confronti della cementificazione. In ogni caso, tra il Molise e il Veneto sono scomparsi dal 1988 ulteriori 42 km di costa, con un incremento delle trasformazioni dei paesaggi pari al 6,3%. Complessivamente il record negativo spetta alla Calabria, dove le trasformazioni interessano più del 65% dei rispettivi paesaggi costieri, seguita da Lazio, Abruzzo e Liguria (63% di coste consumate).

Bisogna aprire cantieri di riqualificazione ambientale e culturale delle aree costiere, per fare di questi territori il cuore dell’idea di sviluppo che si immagina per l’Italia nei prossimi anni. Occorre partire dalla rigenerazione energetica del patrimonio edilizio, che lungo le coste è spesso vecchio e inadeguato, dalla valorizzazione delle potenzialità turistiche e dallo sviluppo di una moderna mobilità sostenibile per l’accesso al patrimonio di spiagge, pinete e altre attrazioni naturalistiche e culturali. Al centro delle politiche devono essere posti gli interventi di adattamento ai cambiamenti climatici in linea con la programmazione europea sul tema, che individua come prioritarie le operazioni capaci di fermare l’erosione dei litorali e rafforzare il sistema di dune ancora esistenti.

Analisi dei paesaggi costieri trasformati nelle Regioni

    Totale coste*

(in km)

Coste complessivamente trasformate (in km) Coste complessivamente trasformate (in %) Consumo di suolo costiero dopo la Legge Galasso

(in km)

Consumo di suolo costiero dopo la Legge Galasso (in %)
Liguria 345 218 63,1 4 1,1
Toscana 410 179 43,6 12 2,9
Lazio 329 208 63,2 41 12,5
Campania 360 181 50,3 29 8
Calabria 798 523 65,5 11 1,4
Basilicata 70,4 19,7 27,9 0,9 1,3
Puglia 810 455 56,2 80 9,8
Molise 35 17 48,6 10 28,6
Abruzzo 143 91 63,6 7 4,9
Marche 180 98 54,4 7 3,9
Emilia Romagna 141 82 58,1 7 4,9
Veneto 170 61 36 11 6,5
Friuli Venezia Giulia 111 61,5 55,4 2 1,8
Totale 3.902,4 2.194,2 56,2 222,2 5,7