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Su autostrade e infrastrutture, forse il vento sta cambiando in Emilia Romagna

La Giunta ha fatto un passo importante: continui su questa strada e resista alla forza del partito del cemento

Dopo le scelte simboliche come quelle fatte dal Comune di San Lazzaro, le recenti dichiarazioni della Regione mostrano che il vento sta cambiando in Emilia-Romagna: non prevale più solo il verbo dei grandi gruppi di costruttori intriso di calce e cemento.
Le parole di novità dell’assessore regionale a trasporti e infrastrutture, Raffaele Donini, segnano certamente uno spartiacque: per la prima volta in sedi istituzionali e riunioni ufficiali si comincia a ventilare la cancellazione di opere altamente impattanti..
Accogliamo con favore le linee programmatiche annunciate, con la cancellazione di due tratte autostradali, la E55 Romea e il secondo lotto Tibre, a favore degli investimenti ferroviari.

Certo la scelta di fatto recepisce il cambio generale delle condizioni economiche e politiche, togliendo due opere che da tempo ormai apparivano mere chimere. Ma certo la Regione fa scelta netta e di coerenza di pronunciare la parola fine, anziché proseguire il consueto gioco di tenere in vita qualsiasi infrastruttura.

Gli attacchi di oggi da parte del mondo economico e dei più miopi politici locali (in modo bipartisan e trasversale), attestano che c’è un atto di coraggio della Giunta. E Legambiente non può che supportare a pieno la scelta, che va nella direzione delle sfide poste dal cambiamento climatico, che impongono la necessità di ridurre emissioni inquinanti e preservare il suolo, per il benessere futuro dei cittadini e dell’ambiente.
Il partito del cemento si è già scatenato e farà sentire tutta la sua forza. Confidiamo che la discussione rimanga nelle sedi istituzionali deputate, e crediamo opportuno che si aprano confronti appositi e mirati per i territori di Parma e Ravenna, per ripensare i modelli di sviluppo.

Su Ravenna, ricordiamo quello che l’associazione ha sempre detto, e cioè che i problemi dell’accesso al porto e della sicurezza sulla Romea hanno altre soluzioni rispetto a quella ridicola dell’autostrada: l’adeguamento della viabilità esistente (a cominciare da una tangenziale impercorribile, con incroci a raso), la messa in sicurezza, e il potenziamento del ferro.

Nel parmense è più urgente avviare la discussione poiché – saltando il secondo lotto della Tibre – diventa ancora più assurdo aprire i cantieri del primo lotto: 10 km da Ponte Taro a Trecasali, un’autostrada che da sempre è chiaro terminerà in aperta campagna. Lo chiediamo al di là delle oggettive ragioni di impedimento, tuttora irrisolte, che contrastano con il progetto esecutivo del 1° lotto e che sono già oggetto di una risoluzione consigliare che arriverà in aula. Si ragioni invece e finalmente di come convertire le risorse sul potenziamento della Tibre ferroviaria, come da tempo chiediamo assieme al cartello di movimenti e associazioni ambientaliste e sindaci del territorio che si battono per preservare la Food Valley.

Nell’anno di Expo sarebbe infatti bello aspettarsi da politici e mondo economico parmense uno sforzo a difesa della propria agricoltura di qualità