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Dossier idrocarburi dell’Emilia-Romagna

37 concessioni di estrazione, 35 permessi di ricerca, 12 nuove richieste che interessano oltre la metà del territorio regionale.

290milioni di metri cubi già estratti da 210 pozzi produttivi, pari ad oltre il 12% delle riserve certe di gas per tutta l’Italia centrale.

Le richieste dell’associazione: fermare le estrazioni nelle zone a rischio subsidenza, fornire regole certe e garantire più trasparenza nei confronti dei cittadini.

Le royalties pagate dalle aziende petrolifere sono risorse scarse che non permetterebbero di ripagare i danni dovuti all’abbassamento della costa.

La crescita delle rinnovabili deve evitare il carbone a Porto Tolle e portare a chiudere centrali a gas anche in Emilia-Romagna.

In quasi tutte le province dell’Emilia-Romagna sono tuttora presenti richieste di indagini o sfruttamento e negli ultimi anni si è registrato un intensificarsi delle domande. L’Emilia-Romagna ha una superficie territoriale complessiva di 22.122 Km²: di questi poco più di 7mila Km² (pari al 33% del totale) sono interessati da 35 permessi di ricerca e 1774,5 (pari al 9% del totale) sono interessati dalle 37 concessioni di coltivazione (cioè di estrazione di idrocarburi) attive. Una superficie destinata ad aumentare. Infatti ci sono altri 12 richieste per ulteriori permessi di ricerca che interesserebbero 5.547 Km². In altre parole, se tutte le richieste venissero autorizzate, oltre metà del territorio regionale (e la quasi totalità della pianura) verrebbero interessate da progetti di ricerca.

Si estrae prevalentemente gas, eccetto due concessioni da cui si estrae greggio, e la produzione, in aumento negli ultimi anni, nel 2012 ha raggiunto i 290milioni di metri cubi standard (Sm3) dai 210 pozzi produttivi, oltre il 12% delle riserve certe di gas per tutta l’Italia centrale. Dati che evidenziano la brevità nel tempo di possibilità di sfruttare gli idrocarburi e di conseguenza anche dello sviluppo economico e occupazionale legato a questa scelta.

A fronte di conseguenze ambientali rilevanti, quali la subsidenza, cioè l’abbassamento del suolo: anche se l’estrazione di idrocarburi non è l’unica causa di tale fenomeno, resta un fattore di cui tener conto nel rilascio delle autorizzazioni alle compagnie estrattive. I dati dei monitoraggi Arpa evidenziano come le conseguenze più rilevanti si registrano poi sulla fascia costiera regionale che negli ultimi 55 anni si è abbassata di 70 cm a Rimini e di oltre un metro da Cesenatico al delta del Po. In generale l’area del territorio bolognese è oggi la più colpita dal fenomeno con una vasta porzione della provincia (circa 600 km²), con abbassamenti medi intorno a 20 mm/anno, in particolare si distinguono alcune zone di massimo sprofondamento (oltre 3 cm/anno).

Questi i dati principali del dossier presentato oggi, presso la sede di Legambiente Emilia-Romagna il “Dossier idrocarburi” della nostra regione, curato dall’associazione.

Negli ultimi anni inoltre è aumentata sempre più nella popolazione la preoccupazione per l’assetto del territorio e il possibile impatto di queste attività. Oggi più che mai è quindi necessario uno sviluppo del territorio regionale, compatibile con l’ambiente e il paesaggio e soprattutto basato su un reale coinvolgimento attivo della popolazione, che al momento ancora non avviene, nonostante le molte richieste che vengono presentate sui territori. Occorre porsi la domanda: Il gioco vale la candela?

«Riteniamo prioritario che la Regione si attivi per tutelare il territorio da rischi certi, come la subsidenza, e potenziali, per favorire uno sviluppo regionale compatibile con la sua integrità, un corretto uso del territorio e delle risorse economiche, e soprattutto un coinvolgimento attivo della popolazione nelle scelte che condizioneranno la loro vita nei decenni a venire, anche sulla base del principio di precauzione», afferma Lorenzo Frattini, Presidente di Legambiente Emilia-Romagna. «Occorre vietare le attività di estrazione o stoccaggio di idrocarburi nelle aree non idonee ad ospitarle e fornire un quadro di regole chiare e una valutazione a livello regionale di queste attività. Se il gas rappresenta una scelta di transizione ancora necessaria, sicuramente meno impattante del carbone, proposto anche per la vicina centrale di Porto Tolle sul delta del Po, è necessario anche iniziare a fissare una road map di progressiva riduzione della dipendenza dagli idrocarburi, ed in questa direzione appare fortemente discutibile il rilancio dell’attività di estrazione di idrocarburi in Emilia-Romagna. Oggi bisogna invece puntare con forza sugli interventi di efficienza energetica e sulle fonti energetiche pulite in modo che, sul versante della produzione di energia elettrica, la crescita del settore delle rinnovabili possa ragionevolmente portare a chiedere che vengano spente alcune delle centrali ad idrocarburi della nostra regione, in nome dell’uscita dalle energie fossili che da tempo auspichiamo per il nostro Paese».

«Legambiente si è occupata più volte delle estrazioni di idrocarburi in mare e sul territorio italiano – dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – mettendo in luce i rischi connessi alla nuova strategia energetica nazionale (SEN) approvata nel marzo 2013. Si pone l’obiettivo di incrementare l’estrazione di idrocarburi dal mare e dal territorio italiani portando il loro contributo dal 7 al 14% del fabbisogno energetico, aumentando da qui al 2020 l’attuale produzione di gas del 46% e di petrolio addirittura del 148%. Una scelta assolutamente insensata. Infatti le risorse certe di idrocarburi coprirebbero il fabbisogno nazionale di poco più di un anno per il petrolio e di soli 9 mesi per il gas. Uno sviluppo economico e occupazionale che avrà vita molto breve rispetto ad una politica energetica basata su fonti rinnovabili, risparmio ed efficienza che garantirebbe invece il vero futuro per il nostro Paese».

A partire da questi elementi Legambiente avanza una serie di richieste alla politica regionale e nazionale:

– vietare le attività di estrazione o stoccaggio di idrocarburi nelle aree non idonee ad ospitarle, a partire da quelle a rischio subsidenza o soggette a grave rischio sismico. Occorre dare attuazione alle risoluzioni che in tal senso sono state prese dal Consiglio Regionale, a luglio 2013 e nel 2011. In questa direzione va la delibera “Stop a nuove estrazioni nelle aree terremotate”, approvata a fine febbraio 2013 dall’associazione dei Comuni dell’alto ferrarese, colpiti dal terremoto del maggio del 2012, in seguito alla richiesta avanzata dal circolo locale di Legambiente in nome del principio di precauzione.

– superare l’attuale sistema, basato sull’esame di ogni singolo progetto, spesso con processi decisionali riservati, se non nella forma sicuramente nella sostanza, ai soli addetti ai lavori. Le prassi attualmente in atto non sono adeguate a garantire una partecipazione informata della popolazione. Sono necessari processi decisionali che favoriscano una vera partecipazione da parte dei cittadini e soprattutto un’analisi collettiva di rischi e benefici di questo tipo di operazioni;

– attuare una pianificazione regionale delle concessioni minerarie che stabilisca se, dove e come (con quali prescrizioni, quali cautele, quali costi e quali benefici per la collettività) sfruttare le ricchezze del sottosuolo dell’Emilia-Romagna.

– inserire tutto questo nel quadro più ampio delle politiche energetiche regionali, che in modo virtuoso hanno puntato ad alti obiettivi di energie rinnovabili. Se infatti il gas rappresenta una scelta di transizione ancora necessaria, sicuramente meno impattante del carbone (proposto anche per la vicina centrale di Porto Tolle sul delta del Po), occorre anche iniziare a fissare una road map di progressiva riduzione della dipendenza dagli idrocarburi. Oggi occorre invece puntare con forza agli interventi di efficienza energetica (case passive, biometano in rete, geotermia e solare termico dove possibile) e alle fonti energetiche pulite. Sul versante della produzione di energia elettrica, la crescita del settore delle rinnovabili deve portare a chiedere che vengano spente alcune delle centrali ad idrocarburi della nostra regione, in nome dell’uscita dalle energie fossili che da tempo auspichiamo per il nostro Paese.

– portare avanti la richiesta di innalzamento delle royalties da avanzare al governo. Attualmente i livelli dei canoni pagati dalle compagnie sono tra i più bassi al mondo.

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