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A che punto siamo per un provvedimento regionale contro il consumo di suolo?

Se Vasco Errani aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe messo un freno al consumo disuolo, nulla si è visto finora e i primi timidi segnali in questo senso risalgono a poche settimane fa; ma la fine della legislatura si avvicina in modo preoccupante perché si possa verosimilmente predisporre strumenti normativi efficaci prima delle elezioni.
Al momento in cui scriviamo, in Emilia Romagna sono sul tavolo regionale due documenti ufficiali: una risoluzione approvata dal Consiglio Regionale il 25 febbraio, in seguito ad un energica campagna  diLegambiente, ed una proposta di legge regionale avanzata dalla Giunta,  ancora oggetto diconfronto al Consiglio delle autonomie locali (CAL).
Se il documento del Consiglio, pur emendato in fase di discussione in aula, indica chiaramente la strategia e gli strumenti da seguire per contrastare il consumo di suolo, la PdL della Giunta al momento è priva di qualsiasi provvedimento vincolante per porre un freno all’uso del suolo.
Di seguito un sintetico dettaglio sui due documenti

La risoluzione in consiglio
Legambiente aveva lanciato ad ottobre 2013 un percorso, per introdurre nelle leggi regionali diversi principi per fermare il consumo di suolo: sei punti pragmaticamente ancorati al quadro normativo che sta maturando a livello europeo e nazionale.
All’appello hanno risposto 10 consiglieri regionali: esponenti del M5S, gruppo misto, IDV, SEL, Rifondazione, Verdi e tre apripista del PD.
A fianco del lavoro sui consiglieri è stata avviata una raccolta firme presso i cittadini e il coinvolgimento di personaggi di spicco che abbiamo usato come testimonial famosi.
La nostra richiesta prevedeva, come elemento centrale, l’introduzione di strumenti per ridurre la spinta della rendita fondiaria sulla trasformazione del suolo vergine. Obiettivo da raggiungere attraverso l’introduzione di dispositivi regolativi fiscali (con oneri di urbanizzazione) o tramite azioni dicompensazione (tra cui la rigenerazione di suolo occupato o degradato,  in caso di opere infrastrutturali e nuove costruzioni) e il riciclo delle aree urbane.
In particolare si richiedeva di anticipare l’obiettivo UE di consumo di suolo netto zero al 2030 anzichè al 2050.
A fianco di questo, la proposta di Legambiente prevede altri aspetti qualificanti, tra cui il riconoscimento del suolo come bene comune, finito e non rinnovabile.
In aula le proposte di Legambiente sono state votate dalla maggioranza, ma modificate con alcuni emendamenti. Tra questi quello più rilevante riguarda le tempistiche. L’emendamento in aula toglie l’orizzonte temporale 2030 sul consumo di suolo netto zero, depotenziando la spinta al cambiamento, ma almeno impegna la Giunta ad adottare in fretta l’obiettivo.

La proposta della Giunta
Il disegno di legge regionale presentato al CAL dalla Giunta Errani (ma sembra non ancora ufficialmente approvato), denominata “Riduzione del consumo di suolo, riuso del suolo edificato e tutela delle aree agricole”  si rivela al momento una grandissima delusione.
Si tratta di un articolo unico in 9 commi. Il testo mostra una serie di buone intenzioni, che però non sono accompagnate da alcuno strumento vero e cogente per porre un freno al sacco del territorio:

  • non si mette alcun limite numerico al consumo di suolo
  • non si individuano strumenti per rendere più costoso l’utilizzo del suolo vergine, e togliere quindi spinta alla speculazione derivante dal cambio di destinazione d’uso dei terreni;
  • non si pone l’obiettivo temporale di arrivare al consumo di suolo netto zero, in tempi ragionevoli;
  • non si propone la compensazione ambientale preventiva, che a fronte di nuova edificazioni decementifichi aree già compromesse.

Alle critiche sollevate da Legambiente, la Regione ha risposto segnalando come la norma sia solo un primo passo per poi dar vita ad altri strumenti e adeguare le altre leggi già esistenti.
Nella relazione di accompagnamento alla legge, e dai primi confronti con la Regione, emerge l’intenzione di avviare un ipotetico percorso culturale in cui gli strumenti urbanistici locali dovrebbero adeguarsi ai principi di legge di ridurre il consumo di suolo. Quindi, se così fosse un’impostazione basata sul rafforzamento del ruolo della pianificazione.
Peccato che tali principi nelle leggi regionali esistano già dal 2000 e che questo non abbia spostato ne le scelte della Regione ne degli amministratori locali, ne tantomeno aiutato i pochi urbanisti volenterosi che hanno provato a fermare lo scempio. Una prova che fissare principi senza strumenti rigidi, non porta risultati.

L’unico aspetto vincolante della proposta è quello previsto al comma 8 per i suoli agricoli, in cui si specifica il divieto delle trasformazioni urbanistico-edilizie non funzionali all’attività agricola, fatti salvi gli interventi pubblici e di pubblica utilità (n.d r. sotto questa classificazione sono andati finora molti progetti dal chiaro valore privatistico) e le previsioni degli strumenti urbanistici conformativi. Insomma si blocca l’attuazione dei piani (su cui non ci sono già diritti edificatori), ma solo fino al trasferimento dei dati.

Al momento dalla regione arrivano segnali per rassicurare che a breve verranno messi sul piatto altri provvedimenti, che andranno a rafforzare la Proposta di Legge della giunta, in modo da dare attuazione ai principi in essa contenuta. Purtroppo, anche nell’ipotesi che la regione si muova rapidamente in questa direzione, i tempi a disposizione del Consiglio per approvare provvedimenti sono ormai molto stretti, e potremmo arrivare alle prossime elezioni con un nulla di fatto.
Il voto in aula di una risoluzione sulla tutela del suolo che almeno fissa una strategia, è stato sicuramente una buona vittoria: perché questo si possa tramutare in provvedimenti efficaci è necessario continuare nei prossimi mesi il pressing sulla Giunta. Legambiente non si tirerà indietro.