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Ricorso delle associazioni ambientaliste contro le estrazioni in Adriatico

Si gioca con la legge per raddoppiare l’area per le trivellazioni offshore.

La concessione alla Po Valley nel ravennate e’ una forzatura intollerabile, in un territorio fortemente soggetto a subsidenza

Già lo scorso anno avevamo chiesto alle amministrazioni locali e alla futura Giunta regionale di vietare categoricamente le attività di estrazione di idrocarburi lungo la costa.

Il ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato la società petrolifera Po Valley Operations ad ampliare un titolo già esistente – riperimetrando la superficie precedentemente concessa – estendendo così le attività di ricerca di gas e petrolio in mare entro le 12 miglia dalla costa, nonostante una legge del 2010 vieti tali attività entro questi limiti.
L’area in cui la società australiana potrà trivellare passa – in barba ai vincoli normativi – da 197 chilometri quadrati a 526 chilometri quadrati. Nei giorni scorsi Legambiente, FAI, Greenpeace, Marevivo, Touring Club Italiano e WWF hanno risposto a questa forzatura presentando ricorso presso il TAR del Lazio contro i ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dell’Agricoltura, e nei confronti della società PO Valley Operations PTY LTD, Regione Emilia Romagna, Comune di Ravenna e ISPRA, in merito alla concessione di un titolo per la ricerca in mare di petrolio e gas davanti alle coste della provincia di Ravenna.
Con il via libera del ministero dello Sviluppo Economico, l’area a disposizione per le trivelle, al largo del Delta del Po, nel ravennate, viene più che raddoppiata. La nuova concessione ricade interamente entro il limite delle 12 miglia di distanza dalla costa ove, per legge, sono vietati ricerca e sfruttamento di idrocarburi.

Ci troviamo di fronte a quella che noi giudichiamo una palese violazione della legge, che ignora quanto già chiarito in merito dal Consiglio di Stato che stabilisce come non si possano modificare in maniera così radicale gli esistenti titoli abilitativi. Questa manovra equivale di fatto a un via libera per poter trivellare i nostri mari ovunque: a due passi dalle coste e dalle spiagge, dalle aree protette, sempre più a ridosso di luoghi ad alto valore turistico, da nord a sud. Un vero scempio.

Già lo scorso anno Legambiente, in occasione dell’arrivo di Goletta Verde a Marina di Ravenna, aveva chiesto alle amministrazioni locali e alla futura Giunta regionale di vietare categoricamente le attività di estrazione di idrocarburi lungo la costa. Questo perché il territorio ravennate è tra i più colpiti dal fenomeno di abbassamento del terreno e di erosione della costa: è ormai certo infatti che l’estrazione di fluidi, dal sottosuolo – e quindi anche di idrocarburi – sia una delle cause antropiche dell’aumento della subsidenza.

Siamo di fronte all’ennesima forzatura del Governo: non bastasse lo Sblocca Italia, una legge che sulle trivelle a mare ha numerosi profili di contrasto con la normativa europea, ora si gioca a fare gli apprendisti stregoni con norme già oggetto di sentenza da parte del Consiglio di Stato, peraltro chiarissime. Non consentiremo questa deriva che viene portata avanti in spregio alla bellezza e alla biodiversità del nostro mare, in danno ad altri settori strategici come il turismo e la pesca e a detrimento delle comunità costiere e di tutto il Paese.