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Dietrofront sulle norme pro-trivelle!

Dietrofront del Governo sulle norme pro-trivelle: grande vittoria di associazioni ambientaliste e movimenti.
Ora il Governo chiarisca qual è il suo Piano dopo Parigi e butti nel cestino la SEN.

Con la presentazione di tre emendamenti alla Legge di Stabilità 2016, il Governo fa un importante passo indietro e ammette di aver sacrificato sinora lo sviluppo sostenibile del Paese agli interessi dei petrolieri. Adesso attendiamo che gli emendamenti presentati ieri alla Camera siano effettivamente approvati nei prossimi giorni con le ultime correzioni necessarie.
Come da noi sostenuto da sempre e ora ammesso dal Governo, già nel 2012 era stata compiuta dal Governo Monti una intollerabile forzatura (con l’art. 35 del decreto legge 83/2012) con la sanatoria delle procedure autorizzative in corso anche per attività offshore di prospezione ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare che insistessero nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa istituita per legge. Ora questo errore è stato corretto tardivamente dal Governo Renzi facendo salvi solo i titoli concessori già rilasciati. Inoltre, con i suoi emendamenti il Governo ammette che queste attività non potevano essere considerate “strategiche” e quindi godere di procedure accelerate che non consentono trasparenza nelle decisioni, partecipazione e informazione per i cittadini e intese forti con le Regioni, come era stato imposto dal Governo Renzi con il Decreto Sblocca Italia (comma 1 dell’art. 38 del decreto legge n. 133/2014) e che era sbagliato prevedere che le concessioni trentennali per le trivellazioni potessero essere rinnovate anche per più decenni, costituendo non un diritto acquisito a termine ma una servitù senza limiti di tempo (comma 5 del decreto legge n. 133/2014).
La mobilitazione delle associazioni ambientaliste (FAI, Greenpeace, Legambiente; Marevivo, Touring Club Italiano e WWF), del movimento No Triv, che hanno sollecitato e appoggiato le iniziative delle Regioni, che hanno prima impugnato di fronte alla Corte Costituzionale l’art. 38 dello Sblocca Italia (sette Regioni) e poi promosso il referendum sull’art. 35 del dl 83/2012 e sull’art. 38 del dl 133/2014 (dieci Regioni) ottiene un primo importantissimo riconoscimento. Proprio lo scorso 26 novembre la Corte di Cassazione aveva dichiarato l’ammissibilità dei quesiti referendari e a gennaio 2016 si attendeva il vaglio della Corte Costituzionale. Un risultato importante a seguito anche della grande mobilitazione internazionale contro le trivellazioni e le fonti fossili e per il clima,
Questo dimostra quanto improvvisate e strumentali fossero le norme pro-petrolieri, che hanno messo a rischio l’ambiente marino e le economie del mare (turismo e pesca), pur di andare a sfruttare giacimenti che non risolvono i nostri problemi energetici (le riserve petrolifere individuate nei nostri fondali coprirebbero il fabbisogno nazionale solo per 7 settimane). Ora, dopo gli impegni assunti a Parigi, ci auguriamo che il Governo abbandoni la ricerca selvaggia e improduttiva agli idrocarburi e butti nel cestino la Strategia Energetica Nazionale (SEN), pro-fossili, prendendo finalmente la strada maestra di un Piano per il clima e l’energia che punti alla de carbonizzazione dell’economia. Le scelte energetiche, per i loro importantissimi effetti che hanno sul clima, non possono essere gestite con norme spot contraddittorie, ma meritano di essere inserite in un disegno più organico.
Gli emendamenti governativi che introducono i nuovi commi da 129-bis a 129 quater al testo della Legge di Stabilità 2016 all’esame della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, a parere degli ambientalisti, non accolgono pienamente quanto chiesto dalle Regioni: 1. perché abrogando interamente il comma 1-bis dell’art. 38 del decreto Sblocca Italia, prevedono la cancellazione del Piano delle aree dove svolgere le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Ciò non consente di fatto lo svolgimento della Valutazione Ambientale Strategica sul disegno complessivo di Governo e petrolieri ma rimanda all’esame caso per caso; 2. perché mantengono il periodo di 6 anni per le attività di ricerca derivanti dal titolo concessorio unico.