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Il Rapporto Nazionale Pesticidi conferma le nostre preoccupazioni per l’Emilia Romagna

L’Emilia Romagna tra le regioni più contaminate, con oltre l’84% dei punti di monitoraggio che presentano tracce di pesticidi.

Osservati speciali Canale Emissario e Cavo Lama nel modenese e l’Idrovia Valle Lepri nel ferrarese

Anche pesticidi ormai fuori legge da anni, come il Diuron, presenti ancora nelle acque

Urgono anche in Regione analisi sul Glifosato e AMPA

Presentato ieri il Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque di ISPRA. I dati contenuti nello studio dimostrano ancora una volta gli effetti che l’uso non sostenibile di queste sostanze produce in termini di perdita della biodiversità, riduzione della fertilità del terreno ed accelerazione del fenomeno di erosione dei suolo. La situazione di avanzata contaminazione in cui versa la nostra penisola, ma soprattutto la pianura padana, risulta infatti particolarmente allarmante.

Per quanto riguarda l’Emilia Romagna il Rapporto ISPRA 2016 conferma il quadro descritto nel Dossier Pesticidi in Regione” di Legambiente Emilia Romagna: oltre l’84% dei punti di monitoraggio e circa il 60% dei campioni prelevati in acque superficiali risultano contaminati da pesticidi con il ritrovamento di ben 66 sostanze diverse su 89 ricercate.
Quelle rilevate con maggior frequenza si confermano essere imidacloprid, terbutilazina, metolaclor, terbutilazina-desetil e metalaxil, tutte sostanze classificate pericolose per l’ambiente. Basti pensare che il neonicotinoide Imidacloprid, ritrovato nel 40% dei campioni prelevati, è risultato essere uno dei principali imputati delle morie di api verificatesi negli ultimi anni.

In 17 punti di monitoraggio delle acque superficiali si riscontrano livelli di contaminazione superiori ai limiti di qualità ambientali. In particolare, in due stazioni del modenese (Canale Emissario e Cavo Lama) e in due del ferrarese (Idrovora Valle Lepri e a monte della chiusa Valle Lepri) le sommatorie medie annue delle concentrazioni dei vari pesticidi superano il limite massimo di 1 μg/l fissato per legge.

Alla luce di queste evidenze, sottolineamo l’urgenza di indagini approfondite e verifiche sulle cause di questi superamenti. Importantissimo inoltre capire perché sostanze come il Diuron e l’Atrazina, fuori legge da anni, risultino ancora presenti nei campioni analizzati; nel primo caso con dei picchi che sembrano indicarne ancora un utilizzo, e nel secondo caso con basse concentrazioni diffuse che sembrano evidenziare una contaminazione importante con un difficile smaltimento della sostanza.

In materia di pesticidi è quindi urgente avere piena consapevolezza di come l’utilizzo dei pesticidi, soprattutto l’impiego in sincrono e in miscele di alcune sostanze, possa avere pesanti ripercussioni ambientali. Basti pensare che nelle acque superficiali della nostra regione si rilevano fino a 32 diverse sostanze fitosanitarie in contemporanea. Per questi motivi il fenomeno andrebbe indagato rispetto ai rischi legati all’esposizione contemporanea ad alcuni principi attivi e al fatto che, ancora oggi, il limite massimo di residuo è calcolato sul singolo principio attivo.

Tra le sostanze rintracciate da ISPRA come responsabili del maggior numero di non conformità nelle acque, c’è il glifosato e, soprattutto, il suo metabolita AMPA: nelle acque superficiali l’AMPA si rileva nel 41% dei campioni analizzati mentre il glifosato nel 19%), nonostante vengano ricercate solamente in due regioni: Lombardia e Toscana.

L’osservato speciale nel mondo dei pesticidi rimane quindi il glifosato, il più diffuso e usato erbicida al mondo per il controllo delle infestanti, contro il cui utilizzo la “Coalizione Italiana Stop glifosato”, di cui fa parte anche Legambiente, ha chiesto da tempo un intervento deciso nel rispetto del principio di precauzione in difesa della salute pubblica. Una sostanza che lo IARC, l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha più recentemente classificato come probabile cancerogeno.

È fondamentale rafforzare i controlli dotando i laboratori pubblici di sistemi di analisi efficienti, a garanzia di una rete di monitoraggio sempre più strutturata. Chiediamo quindi che la Regione Emilia Romagna predisponga quanto prima un piano di indagine sulle criticità riscontrate, e inserisca tra le analisi effettuate quella per glifosato e AMPA. I recenti dati sul glifosato rintracciato nelle acque di rubinetto a Campogalliano, denunciati dalla rivista Il Test Salvagente, seppur non costituiscano uno studio organico, sono un ulteriore campanello d’allarme da non sottovalutare.

Infine riteniamo insoddisfacenti le linee guida che disciplinano l’uso di prodotti fitosanitari in aree extragricole approvate dalla Regione Emilia Romagna lo scorso 18 aprile, e per questo ribadiamo con forza la necessità che quest’ultima attui misure più decise per ridurre da subito l’utilizzo dei pesticidi, a partire dai loro usi non agricoli.