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International E-Waste Day, 14 ottobre 2020

L’International E – Waste Day, che dal 2018 cade nella giornata del 14 ottobre grazie al WEEE Forum. è un’importante occasione per riflettere sull’impatto sociale ed ambientale dei nostri rifiuti eletterici ed elettronici (RAEE), quindi ragionare su strategie per limitarne l’impatto e diffondere la cultura di un loro uso e riuso responsabile

Sono infatti 53,8 milioni le tonnellate di RAEE prodotti nel mondo e solo il 17,4% viene correttamente riciclato. E tutto questo considerando che al 2050 si stima un aumento a 120 milioni di tonnellate. Scarica la nostra infografica al LINK.

Per l’occasione abbiamo organizzato un percorso educativo per alcune classi del Liceo scientifico Sabin di Bologna con partner Erion ed Enea nel tentativo di renderli più consapevoli sul riconoscimento di un RAEE, sul suo corretto smaltimento, sugli impatti della loro produzione per il clima, per il consumo delle risorse e per le comunità locali in cui le materie prime vengono estratte. Inoltre, durante il periodo del percorso è stato posizionato un apposito bidone all’esterno del liceo per consentire agli studenti di conferire correttamente i loro dispositivi non più funzionanti affinchè possano essere indirizzati alle corrette filiere di recupero.

Le lezioni sono oltretutto l’occasione per presentare ai ragazzi i progetti in campo su questo tema, come InnoWEEE, WEEE4Future,Belt (relativo alla nuova etichettatura energetica degli elettrodomestici) ed il progetto ECCO – Economie Circolari sul tema dei Green Jobs

 

 

Di seguito alcune nostre considerazioni sul tema dell’impatto dei rifiuti elettronici

Ad oggi, l’estrazione dei materiali necessari a produrre i nostri accessori elettrici (ma fondamentali anche per le auto “green”), non è eticamente sostenibile.

Basti pensare all’estrazione del litio in Cile (che detiene la seconda riserva di litio al mondo) dove la SQM (società di estrazione cui azionista di maggioranza è la famiglia Pinochet) ha impiegato milioni e milioni di litri d’acqua andando ad intaccare uno dei deserti più belli al mondo, il deserto di Atacama (consigliamo la visione di  questo servizio del Guardian).

Si pensi al cobalto, dove nella Repubblica Democratica del Congo c’è la più grande riserva al mondo, per il quale i bambini vengono sfruttati in miniere illegali (come evidenziato dal rapporto di Amnesty International “This is what we die for” del 2016) e che lo scandalo connesso ha portato  ad accuse pesanti per Google, Apple e Tesla (a questo link il video di Amnesty International circa il loro dossier).

Aziende sudcoreane, fra cui Samsung SDI e LG Chem, stanno cercando di sviluppare batterie che richiedano in percentuale meno cobalto e più nickel. Diminuire troppo la percentuale di cobalto aumentando quella di nickel porta però ad una minor vita della batteria legata alla minore resistenza ai diversi cicli di ricarica e questo ci riporta direttamente al problema descritto sopra dell’obsolescenza.

L’estrazione di tutti questi materiali comporta una serie di problematiche tra cui, anche, violazioni dei diritti dei lavoratori, violazioni dei diritti delle popolazioni indigene che abitano quei luoghi, corruzione e forti impatti sulla salute pubblica come riportato dal Business & Human Rights Resource Centre (BHRRC), a riguardo vi consigliamo di guardare i loro report.

Ma noi, all’atto pratico, cosa possiamo fare?

Come individui, possiamo sicuramente avere più cura delle apparecchiature elettriche ed elettroniche che utilizziamo ogni giorno. Ne guadagneremmo noi in termini economici, ne guadagnerebbe l’ambiente e ne guadagnerebbero tutte quelle popolazioni che da anni vengono sfruttate e ignorate nelle loro richieste d’aiuto.

Risulta sempre più evidente come si renda necessario chiedere a gran voce, a tutti i grandi colossi tecnologici, di rendere pubbliche le proprie impronte di carbonio e rendere note le catene di approvvigionamento dei minerali chiave, come anche Amnesty chiede da tempo.