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La logistica divorerà il territorio bolognese: 300 gli ettari già ipotecati

La strategia bolognese va nella direzione completamente opposta a quella auspicabile. Si sfrutti il Next Generation EU per mitigare l’avanzamento del “fenomeno logistica”

Ancora una volta si tratta di scelte urbanistiche che danneggeranno irreversibilmente le campagne

Una superficie di 300 ettari sarà sacrificata nel territorio bolognese per essere destinata al settore della logistica. È quanto emerge dall’udienza della Città Metropolitana dello scorso 17 febbraio, confermando un modus operandi che stringe la mano ad un settore altamente impattante sull’ambiente, a scapito delle campagne e della biodiversità del territorio.

Come Legambiente, insieme alla rete di associazioni contro il Polo di Altedo e di San Pietro in Casale, avevamo già sollevato forti contrarietà verso questi progetti, che tra l’altro non sono i soli a divorare centinaia di ettari di terreno agricolo.

Ad aggravare questa scelta poi è il fatto che, a quanto pare, alcuni di questi insediamenti potrebbero andare in deroga al 3% di consumo di suolo massimo utilizzabile, confermando quindi la logistica come una delle maggiori minacce nel periodo di transizione precedente all’imposizione del limite al consumo di suolo, come previsto dalla legge regionale. Oltretutto, una logistica completamente scollegata da ferro, ma funzionale alla vicinanza coi caselli autostradali.

I nuovi insediamenti sono poi frutto di un intrico di forzature e re-interpretazioni di atti e pianificazioni: per il polo di Altedo, la Delibera 31 della Città Metropolitana datata 25/11/2020, ne sanciva la collocazione contraddicendo però l’Accordo Territoriale, datato 14 maggio 2007 e sottoscritto ai sensi dell’art.15 della 20/2000 e dell’art.9.1 del PTCP., il quale indicava chiaramente che “le attività logistiche e ad elevata generazione di flussi di traffico dovranno essere localizzate nella piattaforma logistica dell’Interporto […] quando occupano una superficie fondiaria superiore a 10.000 mq”.

Paradossalmente questo non accade per il polo di Altedo, ma nemmeno accadrà per tutte le nuove realizzazioni legate alla logistica oggi presenti sul tavolo della Città Metropolitana (come indicato all’interno del PULS). In una dichiarata condizione da parte dell’interporto di non poter ospitare nuovi insediamenti, la strategia punta ad ampliare il numero dei poli, abbandonando i criteri selettivi di aggregazione della domanda.

Questa visione va in forte contraddizione con tutti gli strumenti urbanistici e territoriali vigenti, insieme alla necessità di aggregare gli insediamenti per garantire la distribuzione delle merci su ferro.

Ancora una volta tutte queste scelte vanno in una direzione ben precisa e non fanno altro che confermare che la logistica sarà un settore strategico nel futuro economico bolognese. Per questo motivo chiediamo da tempo una pianificazione regionale per stabilire in che modo possa inserirsi nel territorio. Servono strumenti di controllo pubblico rapidi quanto è rapida la dinamica di mercato che lo caratterizza, altrimenti vedremo le nostre campagne letteralmente divorate a scapito del comparto che più caratterizzava fino a ieri la nostra regione: quello dell’agricoltura.

È ormai indiscutibile che la logistica, in particolare quella legata all’e-commerce, abbia acquisito maggior interesse da parte degli investitori con l’avanzare della pandemia. Lo dimostrano i dati: nel 2020, in Italia la frequenza di acquisto nell’e-commerce è aumentata del 79% e la consegna a domicilio rimane la modalità preferita di ricezione dei prodotti per oltre il 93% degli utenti (Osservatorio B2c Politecnico di Milano). Un andamento che porta con sé gravi danni per il territorio, su cui oggi la politica non è in grado di imporre una regolamentazione in tempi efficaci.