Così il cemento invade le campagne di Granarolo

Fonte: Repubblica.it Bologna

Ha il nome di un virus, «H11», ma potrebbe essere anche un composto dopante per ciclisti. Invece è uno strumento urbanistico che non gonfia muscoli ma volumetrie. E per di più è perfettamente legale. Lo ha usato il comune di Granarolo, già nell’occhio del ciclone a proposito del chiacchierato centro sportivo del Bologna calcio, per incrementare la crescita urbanistica ben oltre quella pianificata.

«H11» consente a chi possiede edifici interessati da nuove strade, compresi entro una certa fascia, di «traslarli» altrove su terreni privati. Nel caso di Granarolo lo strumento fu adottato durante la costruzione della Lungosavena per facilitare le operazioni di esproprio. La Provincia decise di consentirne l’uso stabilendo che tutti gli edifici entro 400 metri a lato della nuova strada potessero essere «traslati» mantenendo le stesse superfici utili e lasciando libere quelle accessorie.

Successivamente, il meccanismo (adottato con altre sigle anche da Società autostrade e Ferrovie), è stato applicato pure ad altri casi, vale a dire la bretella che collega la nuova area industriale a Cadriano e l’ampliamento della Statale 64 a Lovoleto. Il risultato è la messa in moto di una enorme capacità edificatoria in contraddizione con lo spirito della legge 20 sui suoli, ma soprattutto al di fuori di qualsiasi strumento di programmazione delle potenzialità costruttive prevista dagli strumenti urbanistici. Case sorte in mezzo alla campagna senza strade adeguate e in modo del tutto improvvisato. Di fatto gran parte di questa potenzialità edilizia è finita in mano a società immobiliari che hanno deciso di realizzare interi villaggi fai da te.

È il caso del nuovo insediamento (una quarantina di alloggi) attorno a villa Boselli a fianco di via di Cadriano dove né il Prg, né il Psc che l’ha sostituito, prevedono espansione residenziale. Oppure di via Cerlacchia o di via Ghiaradino, un budello così stretto che non vi passa lo scuolabus.

Case spuntate come funghi che le planimetrie del Regolamento edilizio (Rue) riportano senza classificarle proprio perché non previste dalla pianificazione urbanistica. La loro natura di fantasmi genera paradossi. Il fervore costruttivo sui sei ettari attorno a villa Boselli è definito «lavori condominiali», come risulta da una risposta del sindaco Loretta Lambertini all’interpellanza di un consigliere d’opposizione, mentre la piscina a corredo di una villa è stata costruita su un terreno seminativo: piscina su seminativo è una nuova categoria catastale.

Eppure, proprio la legge regionale 20 del 2000 stabilisce che il consumo di territorio può essere autorizzato solo se non esiste un’alternativa. D’altro canto, il risarcimento ai proprietari degli edifici danneggiati dall’ampliamento delle strade (nessuno risulta abbattuto) poteva essere concesso nei comparti di ampliamento già definiti. Ma pure relativamente all’edilizia programmata, Granarolo ha grandeggiato. Nei comparti previsti dal Prg (la cui attuazione e tuttora in corso) sono stati costruiti più alloggi rispetto a quelli prescritti nelle schede che lo stesso Prg dichiarava vincolanti.

I conti non tornano. È il Comune a smentire se stesso pubblicando sul proprio giornalino cifre diverse da quelle previste. Alcuni esempi? Il comparto di via Roma doveva prevedere 66 alloggi e ne sono stati realizzati 100, quello di via Irma Bandiera è passato da 45 a 84 e in via San Donato il conto è lievitato da 120 a 244. Stessa musica in via Badini e a Quarto, passati rispettivamente da 54 a 114 e da 35 a 62. Ammesso e non concesso che le superfici siano state mantenute inalterate e che gli alloggi siano in quantità superiore perché di metratura più modesta, resta il fatto che tutto questo non è ammesso dal Prg.

Il consigliere di minoranza Carlo Trenti ha tirato le somme dei dati riportati dal citato giornalino dell’Amministrazione constatando l’anomalia. E la replica del Comune a una sua interpellanza lascia trasparire che gli stessi uffici non sappiano quanti alloggi e quanta superficie siano stati effettivamente costruiti. «La risposta puntuale richiede un impegno e tempi enormi» scrive il sindaco. E nemmeno si pensa di abbandonare il famigerato «H11». La Provincia aveva sollecitato l’addio sostenendo che «la compensazione abbia esaurito la sua finalità» chiedendo quindi di «eliminare tale indicazione». Ma il Comune nelle contro deduzioni «ritiene congruo non eliminare assolutamente tale indicazione» e addirittura ne prevede l’uso ancora per dieci anni dopo l’entrata in esercizio delle nuove infrastrutture stradali». Le vie dell’urbanistica sono infinite.