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L’indagine di Legambiente sulla sicurezza stradale: ridisegnare le città per la nuova mobilità

Città sostenibili e sicure?

127mila incidenti, 1.331 morti, 168.794 feriti solo nel 2019:  questi i drammatici numeri degli incidenti stradali nelle aree urbane

In occasione della scorsa giornata mondiale delle vittime della strada, Legambiente presenta il dossier “La sicurezza stradale nelle città”

A Bologna situazione in miglioramento, ma sono ancora 1766 gli incidenti registrati nel 2019. Gravi incidenti anche recenti confermano la necessità di mantenere alta l’attenzione.

 

Nel 2019 in Italia si sono verificati 172.183 incidenti con 3.173 vittime e 241.384 feriti tra cui 35 vittime tra i bambini (sino a 14 anni), 158 tra i ragazzi tra i 15 e i 19 anni. Solo nelle strade urbane gli incidenti sono stati 127.000, 1.331 i morti e 168.794 i feriti.

Il costo sociale nazionale calcolato dall’Istat è stato pari a 16,9 miliardi di euro, mentre per le sole città, dove si registra la maggior parte degli incidenti (anche se meno mortali), il costo sociale è stato stimato in 10,5 miliardi.

Da questi dati nasce la decisione di Legambiente di aderire alla giornata internazionale dedicata alle vittime degli incidenti stradali (la scorsa domenica 15 dicembre). Il “Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2020” lanciato nel 2010, aveva l’obiettivo di dimezzare la mortalità in strada entro quest’anno (quindi registrando non più di 2 mila vittime) e di azzerare quella dei bambini. Di fatto, però, nel 2019 lo studio ha rilevato ben 3.173 tra cui 35 bambini.  Quindi l’obiettivo non verrà raggiunto, nonostante il lockdown, con l’85% in meno dei chilometri percorsi nei due mesi passati in casa questa primavera e la riduzione della mobilità indotta dalla pandemia.

“Ma qualcosa sta cambiando, almeno dal punto di vista normativo – ha dichiarato Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile di Legambiente -. Da pochi mesi, con le nuove leggi d’emergenza varate a primavera e soprattutto con la riforma del Codice della Strada varata in settembre, i Comuni e i sindaci hanno nuovi poteri di intervento, che possono dare impulso decisivo alla sicurezza sulla strada con la costituzione delle “strade 30”, delle “zone scolastiche”, delle corsie ciclabili e i BiciPlan. D’ora in poi, in tutta la città la velocità massima di circolazione scende di 20 all’ora, con l’eccezione (non più la regola) di poche grandi strade a scorrimento veloce, che dovranno essere ben segnate e protette. Gli ottomila sindaci d’Italia hanno d’ora in poi la possibilità, oltre alla responsabilità, di abbattere drasticamente il rischio di incidenti mortali. Il governo invece, grazie al “Piano europeo di Rinascita e resilienza”, deve mettere a disposizione delle città le risorse per mettere in sicurezza e ridisegnare le strade e le piazze dei centri abitati”.

Il rischio di incidente mortale è infatti direttamente proporzionale all’impatto: a 50 km/h è superiore al 50%, a 30 km/h meno del 10%. Nel dossier “La sicurezza stradale nelle città” (LINK al dossier) pubblicato dall’Associazione si cita l’indagine di Tommaso Sansone sulle “strade 30” di Torino, basato sui dati Istat e geolocalizzazione degli incidenti della vigilanza urbana: nel 2016 la frequenza di incidenti nelle “strade 30” è risultata del 66% inferiore alla media urbana. Se tutta la città di Torino venisse progressivamente trasformata in zona 30, con l’ovvia eccezione dei grandi viali a scorrimento veloce, il costo sociale degli incidenti stradali si abbatterebbe di 194 milioni di euro all’anno. I soldi investiti in sicurezza sono ben spesi.

“Tutte le città, come si è proposto a Bergamo, Pesaro ed altre, devono trasformarsi a 30 km/h. Attorno ad ogni scuola si deve istituire una “zona scolastica”, con aree pedonali, divieti di circolazione e sosta. A Bologna – la città analizzata per l’Emilia-Romagna – non si può più procrastinare su questi obiettivi, come indicato dal PUMS del Comune (a cui Legambiente ha dedicato un’ulteriore indagine). Risulta importante accelerare il raggiungimento di questi obiettivi: una spinta può arrivare anche dalle importanti risorse del Recovery Fund, e deve rivoluzionare la percezione della mobilità nelle nostre città.”- commenta Legambiente Emilia-Romagna

A Bologna l’area più pericolosa della città è Porta Galliera, seguita dalla rotonda Luciano Romagnoli e dall’incrocio tra via Libia e via Giuseppe Massarenti. Gli altri punti a rischio elevato sono Porta Sant’Isaia, il ponte sul fiume Reno di viale Palmiro Togliatti, la rotonda dei Decorati al Valor Militare, la rotonda dei Vigili Del Fuoco (sulla SS 64), l’incrocio tra via Stalingrado e via Ferrarese. Il Servizio Studi e Statistica del Comune segue la raccolta dati e le informazioni mandate ad Istat, non fornisce pubblicamente la geolocalizzazione degli incidenti ma pubblica la mappa interattiva dei costi sociali da sinistri stradali, che mostra il danno arrecato dal fenomeno all’economia dei comuni nella provincia bolognese.

 

La mappa degli incidenti stradali di Bologna