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Non è maltempo, ma crisi climatica: alluvione Emilia-Romagna 1-3 maggio

Piove sul bagnato in Emilia-Romagna: i danni causati dall’evento meteorologico estremo che si è verificato negli ultimi giorni, con picchi di pioggia oltre i 200mm in 24 ore, mostrano ancora una volta la vulnerabilità del nostro territorio agli effetti del cambiamento climatico. La Regione Emilia-Romagna ha chiesto lo stato di emergenza nazionale, ma allo stesso tempo perde tempo sulle misure di adattamento alla crisi climatica, rischiando di precipitare in uno stato di allerta perenne.

Il Rapporto sul dissesto idrogeologico 2021 di ISPRA mostra come l’Emilia-Romagna sia una delle regioni più a rischio alluvioni: seconda solo alla Calabria, la superficie ad alto rischio di pericolosità idraulica in regione è pari a 2599,6km2, pari all’11,6% della superficie totale; mentre ammontano rispettivamente al 45,6% e al 47,3% le aree esposte a rischio idraulico di media e bassa entità. Se diamo uno sguardo a livello provinciale, la situazione è ancora più grave: le province di Ferrara e Ravenna hanno una superfice esposta a rischio elevato rispettivamente del 23,9% e 22,2% della superficie provinciale, con Ferrara che raggiunge quasi il 100% della superficie provinciale a rischio idraulico medio. Questi rischi si ripercuotono sulla popolazione residente, con 86.639 di abitanti residenti in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata, di cui un 26,7% anziani.

A questo quadro di vulnerabilità ed esposizione al rischio si va a sommare l’intensificarsi di fenomeni estremi sul territorio regionale: da quanto emerge dal nostro Osservatorio CittàClima, nel 2022 erano stati 18 gli eventi estremi che hanno colpito l’Emilia-Romagna, il numero più finora in un trend in costante crescita. Basti pensare che negli ultimi dieci anni si contano 38 allagamenti da piogge intense e 12 esondazioni fluviali.

Ora più che mai, per fronteggiare la nuova normalità climatica che attanaglia di anno in anno la nostra regione, serve introdurre le seguenti misure:

  • Consumo di suolo zero netto ad effetto immediato e mappatura delle zone per la desigillazione: il suolo è il più grande alleato nell’adattamento alla crisi climatica, grazie al suo effetto drenante delle piogge. L’Emilia-Romagna, terza regione in Italia per consumo di suolo, è nettamente in ritardo nel contrasto all’avanzata del cemento. Di fronte ai gravi ritardi nell’attuazione effettiva della legge 24/2017, i danni causati dall’alluvione sono l’ennesimo monito che non possiamo più impermeabilizzare terreno vergine. Su questo punto di vista, importante insistere su opere di desigillazione in contesto urbano per ridare respiro alle città laddove possibile.
  • Rinaturazione dei corsi fluviali e creazione casse di espansione: le esondazioni degli scorsi giorni mostrano l’inefficacia delle opere rigide e dell’artificializzazione dei corsi d’acqua. Di fronte a precipitazioni sempre più intense, è fondamentale ridare spazio ai fiumi, ampliando gli spazi esondabili per favorire la laminazione naturale delle piene, evitando gli allagamenti in contesto urbano.
  • Uscita dalle fonti fossili: oltre ai piani di adattamento è vitale puntare al 100% di energia rinnovabile, come previsto dallo stesso Piano per il Lavoro e il Clima della Regione, l’abbandono del trasporto su mezzo privato e l’efficientamento energetico delle abitazioni. Di fronte all’aggravarsi della crisi climatica è inaccettabile che la Regione si faccia promotrice di progetti come il Rigassificatore di Ravenna o il Passante di Nuova Generazione di Bologna.

I cittadini della nostra regione stanno pagando caro l’inazione della Regione Emilia-Romagna e del Governo rispetto all’adattamento alla crisi climatica. L’aggravarsi del rischio di anno in anno dev’essere un monito per non prendere la situazione sottogamba, ma agire tempestivamente nella prevenzione. In questo momento di grave crisi climatica, legata alla dipendenza dalle fonti fossili in primis, ogni anno che passa senza un piano di adattamento che introduca azioni strutturali e non emergenziali è una pedina persa nella scacchiera dell’incolumità del territorio Emilia-Romagnolo e dei suoi cittadini.