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Legambiente a Ravenna contro le false promesse del fossile

Legambiente a Ravenna contro le false promesse del fossile  

In marcia a Ravenna per 3 no e un sì: no al Rigassificatore, no alle estrazioni di idrocarburi in Adriatico, no alle tecnologie fallimentari (CCS), sì alle rinnovabili, unica via percorribile e sensata  

Stiamo assistendo a un’operazione di pura conservazione di un modello di sviluppo sbagliato, economicamente e ambientalmente insostenibile, legato a doppio filo all’industria fossile, che fa impantanare lo sviluppo degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e contemporaneamente sostiene la realizzazione di impianti, come i nuovi rigassificatori, dannosi per l’ambiente e per la transizione ecologica del sistema energetico. Questa operazione si sta realizzando in alcuni territori della penisola italiana e uno di questi è Ravenna: per questo il 6 maggio alle 14 Legambiente sarà proprio a Ravenna per manifestare il dissenso alla conservazione del modello economico fossile e il sostegno al processo di decarbonizzazione dell’economia italiana. 

Il territorio romagnolo è oggi il luogo in cui si contrappongono questi due modelli di sviluppo, secondo Legambiente: “Da una parte vediamo l’industria del fossile che cerca di sopravvivere ricorrendo all’installazione di nuovi impianti che confermano la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di materie a uso energetico, come il Gas Naturale Liquefatto (GNL) proveniente dall’estero, dall’altra parte il settore delle fonti rinnovabili, con i 600 MW del nuovo hub energetico eolico e fotovoltaico nel tratto di mare tra Ravenna e Bellaria e il parco eolico da 330 MW a Rimini. È evidente però la diversità di trattamento riservata a queste due tipologie progettuali: l’iter autorizzativo per il nuovo rigassificatore è stato ridotto a 120 giorni (senza contare la possibilità di installazione di un secondo impianto “gemello”), mentre i progetti rinnovabili stanno passando attraverso la classica procedura di valutazione d’impatto ambientale.” 

“Ora più che mai è necessario e urgente esprimere il nostro dissenso contro chi sta mettendo a rischio il futuro del nostro Paese e del pianeta, attraverso scelte che trovano un consenso pressoché unanime da parte dei decisori politici” – commenta Legambiente Emilia-Romagna – “Non è a rischio soltanto il clima del pianeta Terra, che già oggi sta cambiando mettendo in crisi i nostri territori, come dimostra la scarsità delle precipitazioni nevose dello scorso inverno e lo stato di emergenza già preventivato per la prossima estate. Puntare sulle fonti fossili, in questo momento, è una scelta che riduce la capacità dell’Italia di provvedere autonomamente al proprio fabbisogno energetico, aumentando al contempo la dipendenza dalle importazioni.”   

“Dall’insediamento del governo Meloni, abbiamo già visto ridurre il divieto di trivellazioni dalle 12 alle 9 miglia, nonostante la costante subsidenza delle coste adriatiche. A Ravenna assistiamo nel contempo al sostegno dell’Amministrazione comunale, guidata da Michele De Pascale, alla ripresa delle estrazioni contenuta nel decreto Aiuti ter, che ha demolito le previsioni del PITESAI (Piano della Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee). Dobbiamo ribadire per l’ennesima volta” – chiosa l’associazione – “che concedere nuovi permessi per la ricerca di idrocarburi, oltre ad entrare in conflitto con la protezione degli habitat marini e della stabilità delle coste, può essere soltanto un palliativo rispetto al fabbisogno energetico del Paese sul lungo termine. In più, il clima della Terra continua a modificarsi compromettendo la nostra qualità della vita.” 

“Inoltre, la città di Ravenna è stata, nel corso degli anni, il teatro in cui il settore Oil&Gas ha cercato di proporre una serie di progetti pilota, senza mai prendere in considerazione il totale decomissioning delle piattaforme abbandonate e un investimento nelle rinnovabili mature. Pensiamo ad esempio al progetto di ENI sullo sfruttamento dell’energia da moto ondoso, fino alla proposta di realizzazione di processi di cattura e stoccaggio di carbonio (Carbon Capture and Storage, CCS)” – ricorda Legambiente.  – “Quest’ultima, in realtà, è una tecnologia che nella stragrande maggioranza dei casi non è riuscita a ottenere un processo di sequestro di CO2 in modo energeticamente sostenibile e che è sempre stata invece legata a operazioni di estrazione di ulteriore gas dai pozzi in cui il carbonio è stato immesso, realizzando di fatto un circolo vizioso a sostegno dell’economia fossile.” 

“Saremo a Ravenna per mostrare che l’unica via possibile e percorribile è quella della transizione energetica e delle fonti rinnovabili, incarnate lungo le nostre coste dai progetti di Agnes ed Energia Wind2020, capaci complessivamente di coprire il fabbisogno energetico di 1,2 milioni di famiglie.” – conclude Legambiente. – “Quella dell’industria fossile è una falsa promessa e gli investimenti nel gas avranno un effetto boomerang sull’economia italiana, oltre a far aggravare la crisi climatica. Il ruolo dei movimenti ambientalisti, in questo momento storico, è quello di rappresentare il desiderio di un futuro sostenibile per le generazioni presenti e prossime, e di indicare chiaramente le responsabilità delle classi dirigenti incapaci di affrancarsi da questa dipendenza fossile e dalle pressioni dell’industria dell’Oil & Gas. Per questo, invitiamo tutti i cittadini ravennati e dell’Emilia-Romagna a essere presenti e a far sentire la propria voce questo sabato.”